N.2 2022 - L'offerta editoriale per bambini e ragazzi

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Chi trova un classico trova un tesoro: elogio dei piccoli editori italiani

Martino Negri

Dipartimento di Scienze umane per la formazione “Riccardo Massa”, Università degli studi di Milano Bicocca, martino.negri@unimib.it

Per tutti i siti web la data di ultima consultazione è il 18 ottobre 2022.

Abstract

L’articolo mira a mostrare l’attuale panorama editoriale italiano dell’albo illustrato, il cui riconoscimento culturale affonda le sue radici anche – e, forse, in modo particolare – nell’impegno di un gran numero di piccole case editrici emergenti che, accanto ai grandi editori di portata nazionale, hanno saputo riconoscere il potenziale – anche economico – rappresentato dall’universo multiforme di questa tipologia editoriale. Un’attenzione particolare è rivolta alla promozione dei classici del settore, la cui scoperta, riscoperta e recupero stanno conoscendo ora un nuovo momento aureo dopo quello degli anni Sessanta.

English abstract

The article aims to show the current Italian publishing scene of the illustrated album, whose cultural recognition is rooted also – and, perhaps, particularly – in the commitment of a large number of small emerging publishing houses that, alongside the large Italian publishers, have been able to recognize the potential represented by the multifaceted universe of this publishing type. Special attention is paid to the promotion of the classics of the field, whose discovery, reevaluation and recovery are now experiencing a new golden moment after that of the 1960s.

C’era una volta…

Al principio del terzo decennio del XXI secolo, in Italia, l’albo illustrato rappresenta – di fatto – uno dei settori trainanti nell’ambito della produzione letteraria per l’infanzia. Amato da lettori di ogni età e celebrato dagli adulti (insegnanti e genitori in primis), impiegato dagli educatori nei più diversi contesti – dai nidi ai centri di accoglienza, dagli istituti professionali all’università – si può dire che l’albo illustrato abbia saputo imporsi con forza al pubblico italiano, generando piccole forme di culto. 

Forma testuale dalle radici ottocentesche – Heinrich Hoffmann nella Germania, Biedermeier e Randolph Caldecott nell’Inghilterra vittoriana ne sono due dei padri nobili – è nel XX secolo che l’albo illustrato inteso come oggetto letterario fondato sull’interdipendenza tra linguaggio verbale e iconico nello spazio della pagina ha conosciuto il suo pieno sviluppo [Bader, 1976; Nikolajeva - Scott, 2001; Van der Linden, 2006], anche grazie all’opera di sperimentatori audaci e innovatori come Tomi Ungerer, Maurice Sendak e Leo Lionni, affermatisi negli Stati Uniti d’America a partire dagli anni Cinquanta.

In Italia è intorno alla metà degli anni Sessanta, con la fondazione della Emme Edizioni di Rosellina Archinto, che l’albo illustrato ha conosciuto un momento aureo, complice un clima culturale di fermento e di interesse nei confronti del visivo e delle narrazioni per immagini testimoniato anche dalla nascita della rivista Linus, che per prima ha riconosciuto al linguaggio dei fumetti una vera e propria dignità culturale. Sarebbe stata proprio la Archinto a portare in Italia dagli Stati Uniti libri come Piccolo blu e piccolo giallo di Lionni (1966), Tre feroci banditi di Ungerer (1967) e Nel paese dei mostri selvaggi di Sendak (1969), destinati a sconvolgere il panorama editoriale nostrano indicando un modo nuovo di pensare gli albi illustrati [Farina, 2013]: riconoscendo il diritto dell’infanzia all’incontro con una dimensione dell’estetica e del racconto fino a quel momento inimmaginabili (nonostante gli illustri e isolati precedenti rappresentati dalle opere di precursori geniali come Antonio Rubino, Sergio Tofano o Attilio Mussino)1.

Ma non fu solo Emme Edizioni a rendere la stagione degli anni Sessanta e Settanta tanto effervescente e, a tutti gli effetti, rivoluzionaria: in quella congiuntura favorevole nacquero nuove e agguerrite piccole case editrici come le Edizioni E/L (1974), con cui rinasceva la gloriosa Editoriale libraria di Trieste (per lungo tempo guidata da Orietta Fatucci), Dalla parte delle bambine di Adela Turin (1975), caratterizzata da un preciso impegno politico, Nuove edizioni romane di Gabriella Armando (1977), La Coccinella di Loredana Farina coi suoi libri-gioco (1977) e Fatatrac di Matteo Faglia, Brunella Barillaro, Adriano Conte, Alessandra Nencioni e Patrizia Zerbi (1978) [Sola - Vassalli, 2014]. Ma anche i grandi editori, sebbene in maniera meno consapevole e progettuale nella maggior parte dei casi, riconobbero il potenziale – anche economico – rappresentato dall’universo multiforme dell’albo illustrato: Mondadori con la collana Le pietre preziose, Bompiani coi libri di Ungerer, Einaudi con la collana Tanti bambini diretta da Bruno Munari, Vallardi con L’arte per i bambini di Pinin Carpi. Una stagione esplosiva e felice, indubbiamente, che a partire dagli anni Ottanta vide gradualmente scemare la sua forza innovatrice, nonostante la nascita di nuove realtà editoriali significative come Carthusia di Patrizia Zerbi (1987), tuttora vitale, e C’era una volta… di Alfredo Stoppa, purtroppo chiusa.

La rinascita dell’albo e i suoi pionieri

È a cavallo tra il XX e il XXI secolo che la forma testuale dell’albo illustrato, in Italia, conosce una vera e propria rinascita nel segno della curiosità espressiva e della sperimentazione narrativa. E ancora una volta sarà la comparsa di piccoli e coraggiosi editori a guidare la svolta, alimentando un rinnovato interesse per le forme possibili della bellezza – rivolta all’infanzia – che nel giro di pochi anni avrebbe contagiato anche i grandi editori, diventati nel frattempo gruppi editoriali, contribuendo a rendere l’albo illustrato un tipo di oggetto letterario tanto seducente e al tempo stesso culturalmente riconosciuto.

Nel giro di pochi anni nascono Babalibri (1999), Zoolibri (2001), Orecchio Acerbo (2002) e Topipittori (2004): piccole realtà che nel giro di un paio di decenni hanno saputo affermarsi nel nostro Paese e all’estero con l’originalità della propria visione estetica e una straordinaria capacità progettuale, istituendo nel tempo rapporti sempre più stretti e fecondi con altre realtà editoriali non italiane. Nei loro cataloghi trovano spazio soprattutto autori e libri contemporanei, recenti o recentissimi; ma anche il recupero di libri e autori classici, dimenticati o mai arrivati in Italia, vi ha giocato e tuttora gioca una parte importante, indicando radici e appartenenze, prospettive culturali e tensioni ideali.

La riproposizione di albi ‘classici’ come quelli di Lionni e Sendak, così come di Eric Carle, risulta quasi scontata per un editore come Babalibri, guidato da Francesca Archinto, che ha recuperato fin dalla nascita parte del catalogo ereditato dalla Emme Edizioni, giunta alla fine della sua storia alla metà degli anni Ottanta. Meno scontate sono invece le scelte effettuate, in questo senso, da Orecchio Acerbo e Topipittori, che hanno proposto al pubblico italiano libri stranieri del primo Novecento che non erano mai stati tradotti come quelli di Peter Newell – Il libro sbilenco (2007), Il libro esplosivo (2008), I pisolini di Polly (2009), ai quali si deve aggiungere La caccia allo Squarlo di Lewis Carroll (2021), che Newell ha illustrato – o Il viaggio sul pesce (2017) di Tom Seidmann-Freud, ma anche grandi classici degli anni Cinquanta e Sessanta come Fortunatamente (2010) di Remy Charlip, o Spiaggia magica (2013) e Un seme di carota (2021) di Crockett Johnson.

Accanto a queste nuove realtà, e a quella rappresentata da Corraini, che dalla metà degli anni Novanta ripropone i libri realizzati da Munari a partire dai primi anni Quaranta, va ricordato che anche gli editori più grandi e storici hanno contribuito e continuano a contribuire non solo ad allargare la proposta editoriale nell’ambito della letteratura verbo-visuale, con opere di nuova concezione, ma anche a riproporre veri e propri classici italiani e stranieri: il Pinocchio di Mussino, per esempio, che non è propriamente un albo illustrato ma rappresenta un’opera visivamente magnifica, vera e propria pietra miliare della nostra editoria per ragazzi, o l’opera completa di Beatrix Potter e albi del secondo Novecento diventati ormai dei veri e propri ‘classici’ come i libri di Richard Scarry, Helen Oxenbury, Jiulia Donaldson, Axel Scheffler, Dave McKee e Anthony Browne, per citarne solo alcuni tra i più noti.

Una nuova generazione di editori

Il lavoro culturale iniziato nel primo decennio del XXI secolo da editori come Orecchio Acerbo e Topipittori – ma naturalmente non solo da loro – ha indicato una via che ha conosciuto un ulteriore sviluppo nel corso del secondo decennio, con la nascita di nuovi editori di piccole o piccolissime dimensioni che ne hanno raccolto l’eredità, procedendo sia nella direzione della progettazione di opere nuove, originali, capaci di sfidare le consuetudini espressive, sia in quella del recupero di classici, mai tradotti o semplicemente usciti di produzione. 

Nell’ambito della proposta al pubblico italiano di classici moderni e contemporanei dell’albo illustrato, negli ultimi dieci anni si sono distinti in particolare Camelozampa, Lupoguido e Pulce edizioni.

La casa editrice Camelozampa, nata nel 2011 con sede a Monselice (PD), è specializzata nell’ambito della narrativa e dell’albo illustrato, e ambisce a proporre al pubblico italiano capolavori internazionali mai apparsi o non più disponibili che possano essere «fonte di ispirazione per i giovani lettori nella ricerca della felicità, la comprensione delle diversità, la consapevolezza di sé». Nell’attento lavoro di individuazione di classici imprescindibili da poter scoprire o riscoprire, Camelozampa ha riservato un’attenzione particolare alla seconda metà del Novecento, a partire dall’opera di Crockett Johnson, magistrale per eleganza grafica, umorismo e sensibilità nei confronti del sentire infantile, di cui sono finalmente ritradotti e presentati in un formato adeguato gli albi che hanno come protagonista Harold, originariamente usciti a partire dal 1955: Harold e la matita viola (2020), La fiaba di Harold (2020), Harold nello spazio (2021), Harold al Polo Nord (2021), Il circo di Harold (2021); sempre di Crockett Johnson sono poi proposte per la prima volta al pubblico italiano le storie illustrate di Ellen: Ellen e il leone (2022) e Il leone e Ellen (2022). Nel lavoro di Camelozampa trovano però spazio anche opere di altri giganti dell’illustrazione per l’infanzia nati negli anni Trenta e Quaranta come Tomi Ungerer, Quentin Blake, Raymond Briggs, Michael Foreman e Anthony Browne, dei quali sono tradotti, spesso per la prima volta, lavori appartenenti agli anni Ottanta e Novanta, a colmare un vuoto nella ricezione italiana di quegli anni, ma anche più recenti: è il caso di Hansel e Gretel (2022) e Il tunnel (2021) di Browne, apparsi negli anni Ottanta2, ma anche di Voci nel parco (2017), sempre di Browne, e di due luminosi capolavori di Quentin Blake, Zagazoo (2016) e Clown (2018), usciti invece originariamente negli anni Novanta; di Ungerer sono riproposte due opere relativamente tarde, già variamente edite ma ormai non più in circolazione come Zloty (2022) e l’intramontabile Flix (2021), così pieno di verità, crudeltà, tenerezza, tanto intimamene ungereriano, ma anche un classico degli anni Settanta come Allumette [2019]3.

Lupoguido, nata nel 2018, ha invece il grande merito di aver offerto nuovamente al pubblico italiano la possibilità di godere dei capolavori di leggerezza usciti dal pennino di Ungerer a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Crictor il serpente buono (2019), Adelaide: il canguro volante (2020), Emil: il polpo gentile [2019], Rufus: il pipistrello a colori (2020) e Orlando l’avvoltoio coraggioso (2021): albi che hanno per protagonisti animali «comunemente considerati ripugnanti e pericolosi» [Ungerer, 1991, p. 16] e che segnano una tappa decisiva nell’esplorazione delle possibilità espressive dell’albo illustrato che in quegli anni Ungerer stava conducendo prima di approdare al suo stile più maturo e riconoscibile. Accanto a questi indiscussi classici, Lupoguido ripropone anche altre opere che hanno segnato il cammino dell’albo illustrato come i due volumi di Tatjana Hauptmann, Un giorno nella vita di Dorotea Sgrunf (2018) e Urrà! Papà Sgrunf è di nuovo qua! (2019), già proposti negli anni Settanta da Emme Edizioni, ma fuori circolazione da un pezzo, e Iiiiiiiiiiiiiiiiiiiii (2020) di Barbro Lindgren, alla sua prima comparsa in Italia, che appartengono ai primi anni Settanta. A testimoniare la serietà programmatica di questo lavoro di recupero è d’altra parte anche l’allestimento della collana The Illustrators, dedicata ai grandi illustratori dell’era moderna e diretta da Quentin Blake, per la quale sono già usciti tre volumi dedicati, rispettivamente, a Ludwig Bemelmans (1898-1962), Raymond Briggs (1934-2022), Miroslav Šašek (1916-1980), Judith Kerr (1923-2019) e Tove Jansson (1914-2001).

Più eclettica, apparentemente meno mirata nella sua articolazione e con un occhio di riguardo a epoche culturali più lontane, con una predilezione per il principio del Novecento, è la proposta sviluppata da Pulce, editore nato nel 2019. Nella collana C’era un’altra volta trovano infatti spazio classici della tradizione anglosassone come gli albi fondativi di Beatrix Potter – ne sono già stati pubblicati sedici, tra i quali racconti che hanno nutrito l’infanzia di diverse generazioni di lettori inglesi e non solo come La storia di Peter Coniglio (2021), La storia di Jeremy Fisher (2021) o Il sarto di Gloucester (2021) – ma anche albi che, pur appartenendo alla stessa epoca, hanno avuto in Italia una circolazione assai meno significativa, e sono per lo più noti solo agli studiosi: mi riferisco ai lavori di Sibylle von Olfers – La piccola storia dei bambini radice (2021), La piccola storia dei bambini neve (2021), La piccola storia dei bambini lepre (2022), La piccola storia del bambino vento (2022)], La piccola storia dei bambini della foresta (2022) – della quale era comparso qualcosa in Italia al principio del secolo scorso, senza che ne fosse specificata l’autrice e di cui non rimangono quasi più tracce, se non in qualche raffinata collezione privata o in fondi illuminati accessibili anche al pubblico come quello presente al MUSLI, il Museo della scuola e del libro per l’infanzia di Torino, diretto da Pompeo Vagliani.

Un certo senso nostalgico trapela anche dalla scelta di riproporre due volumi illustrati nei primi decenni del Novecento da Jessie Willcox Smith, Felice come un re di Robert Louis Stevenson, in cui sono raccolte le poesie per l’infanzia del grande romanziere scozzese, originariamente uscite nel 1883 col titolo di A child’s garden of verses, poi pubblicate da Scribner (1905) nell’edizione illustrata ora riproposta da Pulce, ed Era la notte prima di Natale di Clement C. Moore, uscito nel 1912. Ripescaggi di maggior interesse risultano invece ai miei occhi i volumi dell’americana Wanda Hazel Gág usciti tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta – Milioni di gatti (2022), Snippy e Snappy (2022), Lo strano coso (2022)4 – e due classici francesi come Film per piccolini di André Hellé5 e Le favole di Jean de La Fontaine illustrate da Louis-Maurice Boutet de Monvelle, agli occhi di Maurice Sendak un vero e proprio capolavoro, nonché modello insuperato, per quanto riguarda la vitalità delle figure [Sendak, 2021, p. 21-22].

Un caso a parte è rappresentato dagli editori milanesi Scalpendi e Risma. 

Nato nel 2003, il primo è specializzato in pubblicazioni di storia e critica d’arte, ma già a partire dal 2009 si è impegnato nella riscoperta e nella riproposizione al pubblico italiano di alcune importanti opere verbo-visuali di Antonio Rubino: il ciclo di albi illustrati didattici facenti parte della collana La scuola dei giocattoli, originariamente pubblicati dall’Istituto editoriale italiano al principio degli anni Venti (riediti nel 1928 dall’editore Cartoccino di Monza, con nuovi disegni), il romanzo illustrato Viperetta (2010) – piccolo classico della letteratura per l’infanzia particolarmente amato da Italo Calvino, che lo volle nei Libri per ragazzi dell’Einaudi – e, più recentemente, gli albi Caro e Cora (2020), Tidna Danna e il pitone (2020) e lo stupendo Il libro di bel vedere (2020), originariamente edito da Garzanti nel 1947, collocati nella collana Orbis pictus

Di più recenti natali, Risma pubblica inediti di narrativa e albi illustrati, dedicando però attenzione anche al recupero di «gemme andate smarrite nei mari dell’editoria», come si legge sul sito dell’editore, riproposte – cosa non scontata – con attenzione massima alla qualità anche materiale dell’oggetto letterario, a partire dalla scelta della carta: è in quest’ottica che Risma ha riproposto Le avventure di Fiammiferino di Luigi Barzini, con le illustrazioni di Attilio Mussino, nella collana Tesori, e, più recentemente, due classici moderni dell’autrice britannica Kathleen Hale tratti dalla serie che ha per protagonista il gatto Orlando, Vacanze in campeggio, uscito nel 1938, e Le tre Grace: un racconto di Natale, del 1965; un discorso a parte meriterebbe la proposta al pubblico italiano di L’anarchia spiegata ai bambini di José Antonio Emmanuel, del 1931.

Concludendo con due parole sul tema dell’eredità

Nel giro di pochi anni sono usciti tantissimi titoli. E continuano a uscirne. D’altra parte, nell’universo dell’albo illustrato, il numero di classici – più o meno grandi – che in Italia non sono mai approdati, o che sono apparsi fugacemente per poi sparire, è grandissimo e questo significa che molte sorprese e molte riscoperte attendono il lettore, così come lo studioso, negli anni a venire.

Ma che cosa significa questo desiderio di scoperta, riscoperta e recupero? 

La caccia a libri sconosciuti, dimenticati o perduti, emblematicamente indicati dagli editori che si cimentano in questo tipo di ricerca con parole come ‘gemme’, ‘gioielli’, ‘tesori’, rimanda chiaramente al desiderio di fare i conti col passato, in una ricerca per certi aspetti genealogica che riguarda la propria identità culturale, di cui si esplorano le radici, ma anche alla necessità di colmare quella che è avvertita come una lacuna: la mancata ricezione, in Italia, di opere che non solo hanno segnato l’evoluzione dell’albo illustrato come forma testuale, ma che hanno anche saputo parlare ai lettori di epoche diverse, intercettando sogni, desideri, pensieri – e a quella di raccogliere un’eredità. 

Solo riconoscendo questo vuoto, questa mancanza come parte costitutiva del nostro essere, possiamo tentare di costruire la nostra identità, il nostro presente, andando alla ricerca di coloro che ci sono stati tolti o di ciò che ci è stato tolto, che è passato, che ci ha lasciato, soggetto alla legge della precarietà e della mortalità che governa gli eventi umani. L’etimologia, dunque, ci porta a rovesciare quasi il significato del termine erede, ricordando come la vera eredità non consiste nell’essere appagati per qualcosa che può giungere in nostro possesso, ma piuttosto nel sentire profondamente un legame che si è incrinato e con il quale dobbiamo inevitabilmente confrontarci [Seveso, 2018, p. 2].

Credo che sia questo il senso profondo, anche se forse non sempre pienamente consapevole, da attribuire al fenomeno del recupero dei classici, oltre al fatto – naturalmente – che i classici sono per definizione libri che non hanno mai finito di dire quello che avevano da dire, sia che si siano imposti come indimenticabili sia che si nascondano «nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale» [Calvino, 1995, p. 1818]: libri insomma dai quali dunque è ancora e ogni volta possibile trarre godimento durante l’atto della lettura. O della rilettura. Ma soprattutto:

Non necessariamente il classico ci insegna qualcosa che non sapevamo; alle volte vi scopriamo qualcosa che avevamo sempre saputo (o creduto di sapere) ma non sapevamo che l’aveva detto lui per primo (o che comunque si collega a lui in modo particolare). E anche questa è una sorpresa che dà molta soddisfazione, come sempre la scoperta d’una origine, d’una relazione, d’una appartenenza [Calvino, 1995, p. 1819-1820].

La relazione con la tradizione letteraria a cui si appartiene è inevitabile: ciò che rende vitale la ricerca compiuta nella maggior parte dei casi dagli editori qui menzionati è che questo rapporto col passato non pare percepito né rappresentato come semplice dipendenza, o filiazione, o condizionamento [Said, 2007], né come un movimento regressivamente nostalgico – se non in alcuni casi citati6 – ma piuttosto come un lavoro di riconoscimento di elementi sorprendenti e inattesi, o germinali, in ogni modo vivi e tuttora parlanti, presenti nelle opere di un passato, più o meno recente, dai quali ancora sia possibile trarre nutrimento, piacere e consapevolezza. 

A me pare che questo movimento di recupero rappresenti dunque – nell’ottica di un confronto con il ‘canone’ internazionale dell’albo illustrato – una meravigliosa, «sconvolgente avventura nei territori della differenza» [Said, 2007, p. 81], per dirla rubando ancora una volta le parole a Edward Said: della differenza nel modo di raccontare, costruire le figure, agganciare il lettore che è in fondo il compito della letteratura [Calvino, 1988, p. 48]. E credo che abbia l’importante funzione culturale – non solo per gli studiosi, ma anche per i lettori comuni, grandi o piccoli che siano – di invitare a una postura di ascolto, umile e aperta, nei confronti delle voci di cui le pagine di questi classici sono portatrici, nella consapevolezza di quanto sia imprescindibile «conoscere il passato e ciò che abbiamo perduto, proprio come primo passo per costruire un’identità che ci permetta di affrontare presente e futuro» [Seveso, 2018, p. 4].