Vol. 5 n°2 - La libertà intellettuale

Editoriale

Il contributo delle biblioteche alla libertà intellettuale

Basta leggere le cronache bibliotecarie (e non solo) di questi ultimi mesi per verificare quanto la libertà intellettuale e il diritto a un accesso libero alla conoscenza siano ripetutamente messi in discussione.

Il tema è di attualità anche nel nostro Paese. Bene ha fatto perciò l’Associazione italiana biblioteche a varare nel 1997 un Codice deontologico dei bibliotecari, che stabilisce i doveri dei bibliotecari nei confronti degli utenti, dei documenti (intesi come doveri verso i loro autori, verso i loro fruitori anche potenziali e futuri e verso coloro che hanno contribuito alla loro produzione e trasmissione) e della professione, cui ha fatto seguito nel 2018 l’istituzione di un Osservatorio sulla censura. Per inciso, ricordo che sempre nel 1997 nasceva presso l’IFLA il Comitato FAIFE (Committee on Freedom of Access to Information and Freedom of Expression).

Le insidie sono molteplici.

Sono frequenti i tentativi di introdurre arbitrari criteri di selezione negli acquisti, improntati di fatto a una volontà di censurare. Più e più volte il caso si è presentato nelle sezioni per bambini e ragazzi a proposito di libri impropriamente definiti “gender” o che affrontano tematiche con le quali taluni amministratori o sedicenti comitati di cittadini/genitori ritengono che i ragazzi non debbano entrare in contatto: si è cercato così di limitare libertà d’azione di un’attività professionale, che − come recita il Codice deontologico dei bibliotecari, richiamato anche da un’apposita norma UNI − impone ai bibliotecari di «ripudiare e combattere qualsiasi forma di censura sui documenti che raccolgono, organizzano o rendono accessibili e sulle informazioni che essi stessi forniscono agli utenti».

Il rispetto della dignità e dell’autonomia professionale non è garantito sempre e dovunque, e il livello di conflittualità ha raggiunto talvolta punte molto elevate, fino ad arrivare alla emarginazione o addirittura alla rimozione di direttori di biblioteca che non si sono voluti piegare a ingerenze indebite: il più eclatante di tutti è stato il caso della direttrice della Biblioteca di Todi, trasferita d’ufficio ad altro incarico nel giugno 2018.

Ma accanto a queste forme esplicite, odiose e violente di censura e discriminazione ce ne sono altre, più subdole e non meno pericolose. Nelle collezioni delle biblioteche – anche a causa delle loro ridotte disponibilità finanziarie – non sempre c’è posto per temi e autori non allineati alle tendenze mainstream. Ne soffre la “bibliodiversità”, che le biblioteche dovrebbero e potrebbero tutelare più di quanto non facciano le librerie. A volte le dinamiche del mercato, infatti, non garantiscono la libera circolazione delle idee: si pensi alle distorsioni nei meccanismi distributivi che impediscono di fatto ad alcuni volumi di arrivare in libreria, solo perché prodotti da editori minori o perché non sostenuti da una promozione adeguata.

Senza parlare, poi, della Rete, che prometteva una democratizzazione nell’accesso all’informazione e alla conoscenza e che, invece, è spesso teatro di manipolazioni. È proprio vero che in rete si realizza il massimo della autodeterminazione dei navigatori? Il dibattito sulle fake news e sulla post-verità, i timori per le interferenze nelle scelte che compiamo quotidianamente negli ambiti più diversi (dai nostri consumi alle decisioni sulla salute e i metodi di cura, dalla finanza all’alimentazione, fino ai comportamenti elettorali) ci dicono quanto siamo esposti a deliberati tentativi di raggiro dell’opinione pubblica o di altre forme di disinformazione e condizionamento: nascono così psicosi collettive e convinzioni infondate che si diffondono rapidamente e in tutte le direzioni.

A partire da queste considerazioni abbiamo deciso di dedicare il presente fascicolo della rivista al tema della libertà intellettuale, affrontandolo sotto diversi aspetti: la net neutrality, la crisi dell’editoria scientifica e delle biblioteche di ricerca, le politiche per l’accesso aperto, l’information literacy e l’educazione all’uso critico dei documenti, il fact-checking.

I diversi contributi presenti nelle pagine che seguono affrontano a volte aspetti di dettaglio o a volte questioni di grande respiro civile: in tutti i casi, ci proponiamo di offrire strumenti di conoscenza e di riflessione per mantenere viva la grande vocazione del servizio pubblico di biblioteca, presidio dell’accesso libero al sapere.

Giovanni Solimine