N.1 2020 - La produzione di contenuti in biblioteca

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Le parole delle biblioteche: un repertorio delle ricerche qualitative sulle biblioteche italiane

Maddalena Battaggia

Dottorato di ricerca in Scienze documentarie, linguistiche e letterarie, Sapienza Università di Roma; maddalena.battaggia@gmail.com

Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 27 aprile 2020.

Abstract

Negli ultimi dieci anni la ricerca biblioteconomica italiana ha visto un utilizzo sempre maggiore delle tecniche della ricerca qualitativa e dell’approccio narrativo. Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi decidono, a partire dal 2015, di avviare un progetto di censimento delle indagini qualitative attuate nelle biblioteche pubbliche italiane. L’obiettivo postosi dalle ricercatrici non si esaurisce tuttavia in una ricognizione dello stato dell’arte, ma si concretizza nella reale opportunità di poter analizzare i dati testuali delle narrazioni al fine di individuare tematiche emergenti e universi di significato trasversali ai differenti contesti bibliotecari. Il presente contributo vuole descrivere le fasi principali e le specificità del progetto di ricerca − la sua ideazione, la sua evoluzione, e i primi, e potenti, risultati raggiunti − e mettere in luce il fondamentale apporto che questo innovativo progetto di ricerca può dare alla ricerca biblioteconomica italiana. Esso si delinea infatti come un osservatorio permanente per bibliotecari e ricercatori in grado non solo di mettere a disposizione strumenti metodologici, ma anche di attivare nuove e significative domande che rispondano alle complessità del mondo bibliotecario.

English abstract

In the last ten years, Italian LIS research has seen an increasing use of qualitative research techniques. Chiara Faggiolani and Anna Galluzzi decided, starting from 2015, to gather all the qualitative enquiries carried out in the Italian public libraries. The researchers’ goal wasn’t only to create an organized list of the enquiries, but especially to transversely analyse the narrative data in order to identify the emerging issues and the meanings of the different library contexts. This paper aims to describe the main phases and characteristics of this research project − its design, its evolution, and its first, and powerful, results − and to highlight how this innovative research project can be considered as a great contribute for the Italian librarianship. Indeed, it must be considered as a permanent observatory for librarians and researchers able not only to make methodological tools available, but also to activate new and significant questions that answer to the complexities of the library world.

Introduzione

Negli ultimi dieci anni la ricerca sulle biblioteche nel nostro Paese ha visto un progressivo aumento dell’applicazione degli strumenti della ricerca qualitativa, e in particolare dell’approccio narrativo, per valutare e comprendere alcune tematiche che toccano profondamente il mondo bibliotecario. L’utilizzo diffuso di tale metodologia ha fatto intravedere una presunta “svolta narrativa” nella riflessione biblioteconomica italiana: un numero sempre maggiore di ricercatori e bibliotecari sembra aver acquisito la consapevolezza che le narrazioni possono configurarsi come potente strumento conoscitivo per indagare determinati aspetti – quali l’impatto, la percezione, il significato – della biblioteca. È in questo contesto che si inserisce l’impegnativo – sia da un punto di vista pratico che concettuale – progetto di Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi: “Le parole delle biblioteche: repertorio delle ricerche qualitative sulle biblioteche italiane”.

Il presente contributo vuole mettere in luce le peculiari caratteristiche e le grandi potenzialità di questo progetto, in particolar modo evidenziando come esso si configuri come prezioso strumento a disposizione di ricercatori e di bibliotecari.

Per focalizzare al meglio l’obiettivo che ci si è posto si è deciso di rimandare ad altre sedi l’ampia riflessione teorica e metodologica sull’utilizzo degli strumenti della ricerca qualitativa e dell’approccio narrativo in biblioteca, limitandosi qui a rendere unicamente conto del fermento che ha investito il mondo bibliotecario italiano a partire dai primi anni Duemila e della risposta data dalla ricerca biblioteconomica italiana negli anni appena precedenti e successivi al 2010.

I primi anni del nuovo millennio sono stati testimoni di trasformazioni sociali, politiche, economiche e tecnologiche tali da incidere sulle abitudini e sui bisogni della società e, conseguentemente, anche sul mondo bibliotecario. È in questi anni infatti che si comincia a parlare nella biblioteconomia italiana di un ipotetico “slittamento di paradigma” dalla biblioteconomia gestionale alla biblioteconomia sociale. Se prima temi quali il servizio, la gestione consapevole, il monitoraggio di efficienza ed efficacia e la soddisfazione dell’utenza rappresentavano gli oggetti principali di indagine, adesso il centro della riflessione verte invece sulle persone e sull’impatto che la biblioteca produce su di esse e sulla società. È in questo contesto di trasformazione che la biblioteca, configurandosi come un «sistema sociale fatto dalle persone per le persone», poneva ai professionisti nuove domande di ricerca e richiedeva percorsi di indagine differenti rispetto ai consueti.

Questa nuova esigenza che nasceva dal basso, ovvero dalla pratica lavorativa, trovò un riflesso diretto nella ricerca accademica la quale cominciò a servirsi delle tecniche della ricerca qualitativa e dell’approccio narrativo per rispondere a nuove domande di ricerca: le narrazioni divengono mezzo per far emergere e comprendere le profonde relazioni sussistenti tra biblioteca-società-individuo. Intorno al 2010 vennero infatti svolte diverse indagini in contesto accademico che portarono alla pubblicazione di significativi contributi. A titolo esemplificativo si ricordano le ricerche svolte da Emiliano Santocchini e Chiara Faggiolani all’interno del Dipartimento di Scienze documentarie, linguistico-filologiche e geografiche della Sapienza Università di Roma; gli articoli sulla ricerca qualitativa in biblioteca, e in particolare sulla ricerca-azione, di Ilaria Moroni, responsabile dell’Ufficio Formazione, sviluppo e promozione della Biblioteca di ateneo dell’Università degli studi di Milano-Bicocca; e infine la pubblicazione L’impatto delle biblioteche pubbliche: obiettivi, modelli e risultati di un progetto valutativo curata da Giovanni Di Domenico e pubblicata con il contributo del Dipartimento di Scienze del testo e del patrimonio culturale dell’Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”.

I primi passi erano stati compiuti e a partire da quegli anni fino ad oggi le ricerche qualitative in biblioteca si sono moltiplicate soprattutto in ambito accademico, ma anche in biblioteca, producendo interessanti e significativi risultati e generando una grande quantità di dati di tipo testuale.

Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi intorno al 2015 cominciarono a interrogarsi su come questa grande quantità di dati testuali – ricchi e significativi in quanto capaci di raccontare la biblioteca e il sentire della società nei suoi confronti – potesse ulteriormente essere valorizzata e utilizzata travalicando gli obiettivi di ricerca delle singole indagini, creando nuove domande conoscitive e infine moltiplicando esponenzialmente le possibilità di ricerca. Il primo passo compiuto dalle studiose fu quello di attuare una ricognizione dello stato dell’arte delle indagini qualitative prodotte nelle biblioteche pubbliche italiane al fine di individuare tematiche emergenti e universi di significato trasversali ai differenti contesti bibliotecari.

Prima di descrivere le specificità e l’evoluzione del progetto, si ritiene necessario riportare alcune parole di Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi essenziali, a parere di chi scrive, per comprendere che cosa significhi lavorare con narrazioni e dati testuali mediante un approccio scientifico, alto è infatti il rischio di cadere in una svalutante semplificazione della complessità.

Le storie raccontate dai bibliotecari e quelle raccontate dagli utenti restano però solo storie fino al momento in cui l’applicazione ad esse di metodi interpretativi di tipo scientifico non le trasforma in strumenti effettivi di conoscenza e di azione. Lo storytelling diventa semplice aneddotica se non ha alla base fondamenta solide. Si può parlare un linguaggio accattivante e intessere narrazioni che tocchino le corde emotive, e non solo razionali, dei nostri interlocutori, purché si sia consapevoli che la fase comunicativa è il punto di arrivo di un processo conoscitivo che si deve sempre essere in grado di ricostruire e difendere scientificamente. Si può essere grandi divulgatori e comunicatori solo mantenendo la piena coscienza della complessità del reale. Altrimenti il passo dalla semplicità alla semplificazione è breve. Così come il passo dalla conoscenza all’opinione. Le storie possono precedere la realtà e prometterla o possono seguirla raccontandola.

Nascita e sviluppo del progetto

Di seguito si cercherà di fornire un riscontro sintetico delle diverse fasi del progetto “Le parole delle biblioteche” mettendone in evidenza le caratteristiche principali, le peculiari specificità e il carattere innovativo. La scelta espositiva potrebbe apparire forse troppo schematica, ma spera di restituire al lettore una visione chiara e complessiva dell’intero lavoro. Per approfondimenti specifici si consiglia in ogni caso la lettura degli articoli e dei saggi di Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi.

1. una prima fase ha previsto un censimento delle indagini qualitative realizzate nelle biblioteche pubbliche italiane a partire circa dall’anno 2010. Questa mappatura in divenire è alla base del progetto;

2. una seconda fase ha visto la costruzione di un primo corpus testuale di dati “grezzi”, ovvero dati non strutturati, formato da 8 indagini (2016). Questi dati non strutturati coincidono sostanzialmente con le trascrizioni dei testi raccolti dai diversi ricercatori mediante strumenti come l’intervista, il focus group ecc.;

3. giunte a questo punto le ricercatrici hanno sentito la necessità di confrontarsi, mediante lo strumento dell’intervista, con esperti provenienti da diversi settori al fine di ottenere uno sguardo interdisciplinare sulla scelta della metodologia più adeguata da utilizzare per analizzare i dati testuali;

4. dopo aver analizzato le interviste effettuate agli esperti dei diversi settori, Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi hanno individuato nell’analisi automatica del testo (AAT) la metodologia più adeguata per analizzare questa grande quantità di dati testuali. Questa scelta – rischiosa, ma sfidante – prevedeva fondamentalmente l’applicazione di un approccio metrico-quantitativo-oggettivo a un corpus di testi ricavato mediante tecniche qualitative. Questa scelta ha posto le due ricercatrici davanti a due problematiche, una di carattere formale e una di carattere concettuale, tutte e due riconducibili a un problema di confrontabilità dei dati a disposizione:

    • la problematica formale derivava dalla sussistenza di una inevitabile disomogeneità formale nelle trascrizioni derivanti dall’applicazione di tecniche qualitative differenti – interviste in profondità, interviste semi strutturate, focus group, osservazioni – e dall’utilizzo di diversi criteri di trascrizione da parte dei diversi ricercatori. Per ovviare a questa problematica, le ricercatrici hanno cercato di limitare le disomogeneità mediante un trattamento uniforme dei testi − garantendo così pulizia grafica − e mediante l’attribuzione a tutti i testi di variabili fisse;
    • la problematica concettuale derivava invece da una inevitabile difformità della natura intrinseca delle indagini: ogni indagine nasceva per rispondere a domande conoscitive differenti. La scelta di attuare un’analisi automatica ai testi comportava una inevitabile decontestualizzazione dei dati e una conseguente possibile perdita di significato degli stessi. Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi per rispondere a questa problematica hanno completamente ribaltato la prospettiva: la decontestualizzazione doveva, e deve tuttora, essere interpretata come una grande opportunità di «restituire al testo la sua autonomia indipendentemente dal contesto nel quale è stato generato e in qualche modo di far emergere con ancora più forza significati e filoni lessicali al di là delle intenzioni e degli interessi dei ricercatori»;

5. una volta individuato il metodo, il lavoro delle ricercatrici ha previsto la preparazione dei 219 testi provenienti dalle 8 indagini, secondo i formalismi richiesti dal software scelto IRaMuTeQ, e la trasformazione dei dati non strutturati in dati strutturati mediante l’associazione a ogni testo delle seguenti meta-informazioni:

    • “Tipologia di soggetto”: utile a individuare la categoria di appartenenza del soggetto rispondente come bibliotecario, utente ecc.;
    • “Sesso” del soggetto;
    • “Età” del soggetto;
    • “Nazionalità” del soggetto;
    • “Area geografica” di provenienza del soggetto;
    • “Tipologia di Comune” di provenienza del soggetto;
    • “Tecnica” utilizzata all’interno dell’indagine: focus group, intervista, osservazione, questionario;
    • “Trascrizione”: utile per identificare la persona − ricercatore o stesso rispondente − che ha effettuato la trascrizione e per capire se i parametri utilizzati all’interno della trascrizione sono conosciuti o meno. Ad esempio, se la trascrizione è stata effettuata da Faggiolani-Galluzzi i parametri sono chiaramente conosciuti, se al contrario la trascrizione è stata effettuata da altri ricercatori, o se è stata scritta direttamente dai rispondenti, i parametri non risultano conosciuti. Questa conoscenza dei parametri di trascrizione si configura chiaramente come un elemento da tenere in considerazione;
    • “Tipo di ricerca”: qualificata come qualitativa o non qualitativa;

6. dopo aver formalizzato i testi e individuato le variabili, il corpus è stato sottoposto dalle ricercatrici a diverse tipologie di analisi:

    • analisi dei temi emergenti dove i testi sono stati sottoposti a una classificazione basata sulla logica della ricerca delle similitudini;
    • analisi statistica delle occorrenze;
    • analisi delle parole tema effettuata attraverso la visualizzazione rapida e intuitiva del contenuto delle nuvole di parole;
    • analisi delle parole specifiche secondo alcune variabili che le ricercatrici hanno ritenuto significative come ad esempio il ruolo dell’enunciatore: utente/non utente/bibliotecario/dipendente di cooperativa/opinion leader ecc.;

7. il corpus è stato poi sottoposto a un aggiornamento nel 2018, quando sono state integrate altre 4 indagini, e ancora nel 2019. In generale, ogni volta che il corpus si arricchisce di una o più indagini esso viene sottoposto a un nuovo processo di formalizzazione e di analisi. Questa ciclicità del processo di ricerca si delinea come uno degli aspetti essenziali, e innovativi, del progetto “Le parole delle biblioteche” in quanto permette di lavorare su un numero di dati sempre più ampio e consente di attuare un confronto continuo tra i risultati ottenuti nei diversi momenti di analisi.

Il corpus totale aggiornato a dicembre 2019 coinvolge 13 indagini, 314 testi per un totale di 14.629 forme grafiche – unità elementare del testo ovvero unità statistica sulla quale vengono attuate le analisi – 679.989 occorrenze – numero di volte in cui le forme grafiche compaiono nel testo.

Alla pagina successiva si riporta un prospetto (Tabella 1) delle indagini analizzate, ripreso dal contributo La parola ai bibliotecari: ritratto di una professione in bilico tra apertura e ripiegamento di Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi.

 

Indagine

Anno

Obiettivo

Tecniche

Ambito

1

Sistema bibliotecario comunale di Perugia - a cura di Chiara Faggiolani

2009

Posizionamento percepito delle biblioteche

Approccio misto

Accademico

2

Biblioteche comunali Regione Marche - gruppo coordinato da Prof. G. Di Domenico

2010

Notorietà e radicamento delle biblioteche

Focus Group

Interviste

Accademico

3

Nuova Biblioteca Lazzerini di Prato - tesi di laurea magistrale di Elena Petroselli

2010

Percezione della nuova sede della biblioteca

Interviste

Accademico

4

Nuova Biblioteca Lazzerini di Prato - Progetto Open Univercity

2012

Percezione della nuova sede della biblioteca

Interviste

Progetto territoriale

5

Casa della conoscenza di Casalecchio di Reno (BO) - gruppo coordinato da Prof. M. Bergamaschi

2014

Conflitto - Conciliare bisogni sociali e culturali

Focus Group

Interviste

Osservazioni

Misto

6

Salaborsa - progetto ISFOL - a cura di Davide Premutico e Claudio Franzosi

2016

Azione culturale

Focus Group

Interviste

Misto

7

Biblioteca comunale di Terni - a cura di Chiara Faggiolani

2016

Riorganizzazione spazi

Focus Group

Biblioteca

8

Biblioteche comunali di Avellino - a cura di

Anna Bilotta

2016

Notorietà e radicamento

Approccio misto

Accademico

9

Biblioteca comunale di Cori - a cura di Egizia Cecchi

2017

Percezione e immaginario

Interviste

Accademico

10

MeMo di Fano - a cura di Roberta Montepeloso

2017

Identità percepita

Focus Group

Interviste

Accademico

11

Biblioteca comunale di Trento - a cura di M. Ciorli

e V. Gjeka

2017

Conflitto e utenza straniera

Interviste

Osservazioni

Biblioteca

12

Biblioteca comunale Antonelliana Senigallia - a cura

di Tommaso Paiano e Roberta Montepeloso

2017

Percezione e impatto

Interviste

Biblioteca

13

Il bibliotecario racconta la biblioteca pubblica - a cura di Maddalena Battaggia

2018

Visione delle biblioteche da parte dei bibliotecari

Interviste

Accademico

Tabella 1: Prospetto delle indagini analizzate (Fonte: C. Faggiolani . A. Galluzzi, La parola ai bibliotecari cit.)

Come si può evincere dall’ultima colonna della tabella, le indagini prese in considerazione sono state prodotte sia in ambito accademico che in ambito bibliotecario. Se si attua un confronto incrociato con la colonna “Obiettivo” è possibile notare immediatamente la presenza di quello che Faggiolani e Galluzzi definiscono “scollamento” tra la ricerca accademica e la ricerca in biblioteca.

La ricerca accademica è maggiormente interessata a indagare tematiche astratte e legate principalmente ai concetti di identità e di significato; la ricerca in biblioteca invece si qualifica come ricerca applicata in cui vengono indagate per lo più tematiche pragmatiche finalizzate al raggiungimento di obiettivi che incidono sulla pratica lavorativa. Le due prospettive sono certamente necessarie alla comprensione profonda dei diversi fenomeni che riguardano la biblioteca. Si ritiene tuttavia necessario che questi due mondi si abituino maggiormente a dialogare tra loro e diventino reciprocamente stimolo e opportunità. Se questo aspetto dovesse venire sottovalutato, potrebbe subentrare il rischio che questi mondi si allontanino sempre più finendo per non comprendersi e andando ad annichilire gli sforzi, gli studi, i progetti e le strategie che li animano.  

Una prima panoramica dei risultati

Il software IRaMuTeQ permette di applicare al corpus testuale un metodo di classificazione capace di studiare la distribuzione delle parole e la loro associazione all’interno dei testi: grazie a tale metodo sono stati individuati nelle narrazioni dei “mondi lessicali” soggiacenti ovvero delle classi lessicali riconoscibili come tipiche delle porzioni di testo.

L’applicazione di questo metodo alle prime 8 indagini ha permesso di individuare 4 classi in cui suddividere “l’idea di biblioteca” emersa dal corpus testuale: biblioteca spazio urbano; biblioteca per la lettura; biblioteca luogo di studio; biblioteca luogo di conflitto.

Una verifica del profilo di ogni classe, ovvero un’analisi dei risultati basata sulle diverse variabili, ha permesso alle ricercatrici di comprendere che ogni classe individuata era inevitabilmente condizionata da una determinata tipologia di interlocutore e di indagine:

  • Classe 1 “spazio urbano”: condizionata dalle interviste fatte ai bibliotecari, significativa incidenza dei dati derivanti dalla ricerca condotta sulla biblioteca di Prato;
  • Classe 2 “biblioteca per la lettura”: condizionata dalle interviste fatte agli utenti, maggiore incidenza delle indagini relative a Salaborsa e al sistema bibliotecario comunale di Perugia;
  • Classe 3 “biblioteca luogo di studio”: condizionata dalle interviste fatte a giovani studenti, maggiore incidenza dell’indagine sul sistema bibliotecario comunale di Perugia;
  • Classe 4 “biblioteca luogo di conflitto”: rappresentativa di tutti i soggetti interpellati, risente dei temi affrontati presso la Casa di conoscenza di Casalecchio sul Reno.

L’applicazione del medesimo metodo al corpus arricchito dall’introduzione di altre 4 indagini (2018) ha comportato una contrazione dei temi emergenti da 4 classi a 3 classi:

  • Classe 1: “biblioteca per la crescita personale”: in tale classe sono confluite due classi individuate precedentemente, rispettivamente la classe 2 “biblioteca per la lettura” e la classe 3 “biblioteca luogo di studio”. Il profilo di biblioteca pubblica emergente è quello di luogo strumentale del fare e deriva dalle parole provenienti dagli utenti reali;
  • Classe 2: “biblioteca patrimonio”: il profilo di biblioteca pubblica emergente è quello definibile come “tradizionale” e deriva dalle parole di bibliotecari e di professionisti. Da segnalare il fatto che i dipendenti o i soci di cooperativa sono meno rappresentati da questa classe, probabilmente perché maggiormente chiamati a svolgere all’interno della biblioteca il servizio al pubblico;
  • Classe 3: “biblioteca spazio sociale”: in tale classe sono confluite due classi individuate precedentemente, rispettivamente la classe 1 “spazio urbano” e la classe 4 “biblioteca luogo di conflitto”. Il profilo di biblioteca pubblica emergente è quello, per l’appunto, di spazio sociale in cui l’apertura della biblioteca ai bisogni sociali si configura come grande opportunità per la società, ma allo stesso tempo può fare emergere situazioni di disagio e potenziali conflittualità.

Da questa sintesi dei risultati dei due corpora analizzati è possibile comprendere come sia possibile individuare una coesistenza di diverse identità attribuite alla biblioteca pubblica italiana derivanti dalle diverse prospettive dei soggetti protagonisti delle indagini. Allo stesso tempo risulta evidente come il carattere aperto di questo progetto permetta di giovare di una sorta di ricorsività del processo di ricerca: l’acquisizione di nuovi dati permette di ritornare sui dati individuati e sulle analisi effettuate nelle precedenti fasi della ricerca. Questo processo ricorsivo consente dunque di confrontare, ribaltare, approfondire le deduzioni effettuate, producendo così nuove teorie di analisi.

Una seconda modalità di analisi effettuata mediante il software IRaMuTeQ ha permesso di individuare le parole specifiche utilizzate rispetto a variabili ritenute significative dalle ricercatrici. La variabile “Tipologia soggetto”, ad esempio, ha reso possibile l’individuazione di parole specifiche per le diverse categorie di soggetti rispondenti come bibliotecari, dipendenti di cooperativa, utenti reali o utenti potenziali. È stato quindi possibile attestare non solo la sussistenza di precise identità lessicali radicate nelle diverse categorie di soggetti, ma anche il fatto che tali identità lessicali finiscono con il caratterizzare fortemente l’idea di biblioteca presente nei medesimi soggetti.

Prendendo dunque in considerazione l’analisi effettuata in base alla variabile “Tipologia soggetto”, ovvero in base agli enunciatori delle narrazioni raccolte, è possibile individuare una grande specificità di lessici per ogni tipologia di soggetto, non solo a livello di macrocategorie “bibliotecari vs utenti”, ma anche al livello delle rispettive sottocategorie: per la macrocategoria Bibliotecari si articola in una pluralità di ruoli diversi: Addetti, Bibliotecari, Cooperative, Volontari. Lo stesso vale per la macrocategoria Utenti che include gli Utenti reali, gli Utenti potenziali, gli Opinion leader ecc.

I lessici specifici della macrocategoria Bibliotecari sono molto legati alla concreta attività lavorativa: “utente”, “struttura”, “amministrazione”, “pubblico”, “facilitare”, “risposta collega”, mentre quelli specifici della macrocategoria Utenti sono maggiormente legati ad un’immagine strumentale del servizio bibliotecario: “preferire”, “orario”, “leggere”, “studiare”, “scelta”, “frequente”, “domenica”, “giornale”, “utile”, “comodo”.

Se invece si analizzano i lessici specifici delle sottocategorie è possibile riscontrare un’ulteriore e significativa suddivisione tematica dei lessici utilizzati caratterizzata, chiaramente, dalle mansioni che i soggetti ricoprono all’interno della biblioteca o dalle modalità di conoscenza e di utilizzo dei servizi bibliotecari.

Per quanto riguarda le sottocategorie afferenti alla macrocategoria Bibliotecari emerge che:

  • gli addetti utilizzano un lessico legato alle sfere tematiche della vivibilità e sicurezza, elementi questi caratterizzanti del loro lavoro in biblioteca;
  • i dipendenti di cooperativa sono soliti adoperare un lessico legato alla dimensione del servizio bibliotecario, servizio che infatti viene comunemente esternalizzato;
  • i bibliotecari pubblici impiegano per lo più un lessico legato alla gestione tecnica e progettuale della biblioteca, mansioni solitamente di loro competenza.

Se si prendono invece in considerazione le sottocategorie afferenti alla macrocategoria Utenti emerge che:

  • gli utenti reali utilizzano maggiormente un lessico legato alle attività che fanno o potrebbero fare in biblioteca, mettendo quindi in luce una visione estremamente pragmatica dell’universo biblioteca;
  • gli utenti potenziali sono soliti impiegare un lessico poco rappresentativo della biblioteca reale, ma maggiormente legato a una idea di biblioteca evocata al ricordo o costruita mediante il filtro della scuola;
  • gli opinion leader adoperano un lessico spesso poco rappresentativo della realtà bibliotecaria, ma legato al ruolo che, nel loro immaginario, la biblioteca dovrebbe ricoprire nel contesto cittadino.

Risulta dunque evidente che un’analisi dei mondi lessicali e dei lessici specifici consente ai ricercatori di comprendere la grande pluralità dei significati insiti nel concetto di biblioteca. Inoltre, una profonda e trasversale conoscenza delle differenti prospettive dei soggetti che si muovono all’interno del mondo bibliotecario permette a ricercatori e bibliotecari di costruire strategie di azioni significative e specifiche. Chiaramente più il corpus è ampio, più aumenta la possibilità di attuare analisi molto specifiche: questo aspetto si delinea come una delle peculiarità fondamentali del progetto qui presentato.

Come un repertorio “parlante” diventa un osservatorio permanente

La speranza è quella di essere riusciti, nelle pagine precedenti, a rendere conto dell’organizzazione strutturale del progetto di Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi e a mettere in luce quante riflessioni possano scaturire da un’analisi testuale trasversale delle indagini.

L’obiettivo delle prossime righe è, al contrario, quello di allontanare, metaforicamente, lo sguardo per ottenere una visione più ampia del progetto e guardarlo da una prospettiva differente.

A parere di chi scrive, il progetto è stato oggetto di una evoluzione di significato rispetto agli obiettivi che le ricercatrici si erano poste in prima battuta. L’articolo, Andare oltre impressionabilità e ideologia: la ‘svolta narrativa’ e gli strumenti di analisi della biblioteconomia sociale, pubblicato nel 2017 su «AIB studi», rappresenta una sorta di punto di svolta: il progetto travalica gli obiettivi di ricerca per cui era nato e si inserisce in una più ampia cornice disciplinare, quella propria della cosiddetta biblioteconomia sociale:

La biblioteconomia sociale ha, tra gli altri, il ruolo di produrre un sistema informativo per le biblioteche, saper spiegare e comunicare al mondo il ruolo della biblioteca, a partire possibilmente dai dati di fatto e attraverso un metodo scientifico rigoroso capace di produrre modelli stabili e sostenibili. Solo in questo modo sarà possibile realizzare una convergenza tra svolta narrativa e progettualità, tra visione politica e realizzazioni concrete, tra finalità ideali e risultati.  

Queste righe sostengono una precisa linea di pensiero: l’approccio narrativo, supportato da un rigoroso metodo scientifico, può confrontarsi con le grandi e imperiture questioni che riguardano, ormai da parecchi anni – o, più o meno implicitamente, da sempre – la riflessione biblioteconomica: la funzione, il ruolo, il significato della biblioteca nella società.

Questa metodologia di analisi evidenzia quanto numerosi siano i modi in cui il concetto di biblioteca viene interpretato; quanto differenti siano le ideologie che animano i bibliotecari; quante molteplici idee sussistano rispetto a quello che la biblioteca dovrebbe essere e dovrebbe fare per la società. Il dibattito biblioteconomico da tempo si chiede se la biblioteca sia portatrice di un insieme di valori e di presupposti ideologici stabili nel tempo e nello spazio o se essa debba modellare sé stessa e i suoi servizi in quel tempo e in quello spazio in base alle esigenze della società cui si rivolge.

Entrambe queste visioni celano dietro di sé insidie che rischiano di compromettere una comprensione della complessità di quel ruolo e di quel valore che la biblioteca ricopre nella società. Le narrazioni possono essere, secondo le ricercatrici, potenti armi contro queste insidie. Prerogativa imprescindibile per utilizzare le narrazioni in modo produttivo è l’adozione da parte dei ricercatori di «un apparato di strumenti basato sul metodo scientifico, allo scopo di entrare nelle conversazioni ed estrapolarne il senso vero, nonché la conseguente e necessaria aderenza ai risultati di ricerca».

Questo apparato di strumenti può essere individuato nel metodo che sta alla base del progetto presentato in questa sede. Le storie raccontate abbandonano il loro status di semplici storie mediante l’applicazione di metodi interpretativi di tipo scientifico. L’analisi automatica dei tesi applicata alle narrazioni permette di rompere lo schema narrativo, di trasformare le narrazioni stesse in dati misurabili, ma allo stesso tempo portatori di un significato profondo. Le storie si tramutano in potenti strumenti scientifici di conoscenza e di azione.

Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi non casualmente decidono, mediante la pubblicazione sul sito dell’Associazione italiana biblioteche (AIB), di rendere il progetto disponibile a tutti.

La logica di condivisione che sottende la pubblicità e il continuo aggiornamento dell’intero progetto permette di comprendere come l’obiettivo finale di questo imponente e complesso lavoro voglia essere un valido e concreto contributo alla ricerca biblioteconomica:  

un osservatorio permanente sulle storie e le narrazioni che vedono protagonista la biblioteca pubblica contemporanea, obiettivo che – se realizzato – non solo amplierebbe significativamente le possibilità di analisi, ma potrebbe diventare anche una preziosa fonte per la storia delle biblioteche a vantaggio dei futuri studiosi.

Il progetto si configura dunque come un osservatorio permanente, uno spazio in cui i bibliotecari e i ricercatori possono riflettere sulle parole della biblioteca, sui loro legami, sulla loro potenza. Questo osservatorio permanente non si limita a mettere in ordine le indagini e a pubblicare i risultati delle analisi, ma ne mette in risalto le caratteristiche e le specificità rendendo le ricerche “parlanti” a favore di chiunque, oggi o anche in un domani lontano, voglia ascoltare, comprendere, rielaborare. Esso diventa guida per coloro che vogliono agire, ma credono di non saper fare.

L’unica cosa che viene chiesta, implicitamente, a bibliotecari e ricercatori è di non guardare questo osservatorio in maniera statica e mediante un approccio passivo: in tal modo infatti le sue grandi potenzialità rischierebbero di non essere sfruttate pienamente.

Bibliotecari e ricercatori devono compiere lo sforzo di interpretare correttamente questo osservatorio. Esso è un “attivatore” di domande di ricerca, uno strumento capace di sollecitare urgenze bibliotecarie da soddisfare, un “agente stimolatore” che permette di affrontare, con strumenti nuovi, la complessità del mondo bibliotecario e dei suoi protagonisti.